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Commence of mission parish in Simaluguri at Assam

Pubblicato il: mercoledì 28 Febbraio 2024

Betharam Sacred Heart Priests and Incarnation Sisters conjointly do the Evangelization and Education in North East at Pamila village from 2018 along with eight villages nearby three hundred and fifty catholic families of different Triables people. The pastoral service at Simaluguri is small but very vibrant and diverse. It comprises of 7 substations with 300 families and 1400 Catholics, of the Arch diocese of Guwahati. We have Betharram Sacred Heart main parish church at Simaluguri and seven sub-stations, Holy Family church at Borpani, St. Mary’s church at Dhansila, St Antony’s church at Borbil, St Paul’s church at Chitolmari, St Joseph’s church at Vidyanagar, St Michael Garicoits church at Baithalangso and St Miriam church at Tivagon. Our pastoral ministry is diverse and unique in culture and ethnicity of our Christina community. They consist of different tribal groups of North-East namely Garo, Adivasi, Karbi and Thiva.  The Betharramite missionaries are at the service of the people in their spiritual and social growth and empowerment. We reach out to people who are in need of our service just as Jesus reached out to those outside. We are challenged as well as motivated every moment to get out of our comfort zone to welcome and embrace everyone like Jesus. We wish and pray that we would be able to continue the openness to pray with and for the people and readiness to reach out to the fringes.

It’s an intensive desire to concourse a space for a church to faith formation, so far, commitment and skillful of Parish priest Rev Fr. Sathish Paul Raj SCJ and Rev. Fr. Akhil Joseph SCJ and Rev Fr. Pobitro Minj SCJ it divinely and elegantly inception the church funding by donoers and sponsors accomplished on 26 January 2024 great presidency of Most Rt. Rev. John Moolachira, Archbishop of Guwahati Diocese.

Consacrazione e inaugurazione della nuova Parrocchia a Simaluguri, Assam

Pubblicato il: mercoledì 28 Febbraio 2024

I sacerdoti del Sacro Cuore di Betharam e le Suore Missionarie dell’Incarnazione svolgono, dal 2018, congiuntamente l’evangelizzazione e l’educazione nel nord-est dell’India, nel villaggio di Simaluguri – Pramila insieme ad altri sette villaggi vicini.

La parrocchia principale è a Simaluguri, nell’Arcidiocesi di Guwahati, dove sono stabilmente presenti i Padri del Sacro Cuore di Betharram e la nostra Comunità; poi il servizio pastorale viene svolto anche ad altre “Rettorie” sparse in sette villaggi: la Sacra Famiglia a Borpani, Santa Maria a Dhansila, Sant’Antonio a Borbil, San Paolo a Chitolmari, San Giuseppe a Vidyanagar, San Michele Garicoits Baithalangso, Santa Miriam a Tivagon. Sono  circa 1400 cattolici, 300 famiglie cristiane in tutto.

Portare la fede e il Vangelo di Gesù Cristo in queste zone del Nord Est dell’India non sempre è privo da ostacoli e rischi. Si assiste a un costante aumento degli episodi di vandalismo e di attacchi ai cristiani e alle proprietà della Chiesa. La preoccupazione per le “minacce” alle istituzioni educative e le richieste di “rimozione dei simboli cristiani”.

Il nostro ministero pastorale è diversificato a secondo della cultura ed etnie. Il popolo è diviso in gruppi tribali: Garo, Adivasi, Karbi e Thiva. I missionari betharramiti sono al servizio di questa gente per la crescita e lo sviluppo spirituale e sociale. Noi Suore, proprio come Gesù, cerchiamo di accostarci a tutti, cristiani e non, senza differenza portiamo il nostro aiuto a coloro che sono nelle periferie.

Siamo sfidati e motivati ​​in ogni momento a uscire dal nostro “comfort” per accogliere e abbracciare tutti. Ci auguriamo e preghiamo di poter continuare ad essere aperte, accoglienti e generose, in particolare con i più poveri.

Era desiderio grande quello di riservare uno spazio per la costruzione di una chiesa e la formazione nella fede. L’impegno e la competenza del parroco p. Sathish SCJ, p. Akhil SCJ, e p. Pobitro SCJ hanno portato egregiamente alla costruzione della Parrocchia, finanziata da diversi benefattori. Il 26 gennaio 2024 alla presenza di mons. John Moolachira, Arcivescovo della diocesi di Guwahati e di una moltitudine di popolo di Dio, è stata consacrata e inaugurata la nuova Parrocchia.

Le foto aiutano a rivivere alcuni momenti salienti della cerimonia: accoglie del Vescovo, autorità, sacerdoti, suore, secondo la culturale tribale del popolo.

 

La mezza età: un passaggio dal “fare” all’ “essere”

Pubblicato il: mercoledì 28 Febbraio 2024

È motivo di gratitudine al Signore per averci concesso l’opportunità di trascorrere tre giornate di formazione e riflessione su: Le donne consacrate e la crisi di mezza età.  Come donne consacrate, approfondendo questa tematica, abbiamo riflettuto sulla nostra chiamata e come ravvivare le motivazioni della consacrazione. Abbiamo avuto il privilegio di essere accompagnate, per i primi due giorni, da Don Mario Lanos Oscar SDB docente della Pontificia Università Salesiana di Roma; e il terzo giorno, da suor Loreda Spagnolo Responsabile della formazione, nostra consorella e compagna di viaggio.

Il periodo della mezza età è un viaggio necessario e promettente, un passaggio delicato tra giovinezza ed età senile, e rappresenta circa un terzo della vita. Questo periodo è un nuovo passaggio dalle delusioni ad una nuova accettazione di sé, del proprio limite e fragilità dell’età. L’indebolimento del corpo nasconde, però, l’esigenza di spostare l’attenzione da una dimensione esteriore e superficiale a una più profonda e interiore.

Da notare che la crisi non è necessariamente negativa; rappresenta piuttosto una scelta, separazione, giudizio; un discernimento che aiuta a promuovere il cambiamento e a rendersi consapevoli della necessità di rinnovarsi; è anche un’opportunità per la via verso la santità.

Il periodo della mezza età è un momento favorevole (kairos) e il quotidiano per noi Missionarie dell’Incarnazione è il luogo privilegiato per questo tempo favorevole. Il segreto, infatti, per una buona qualità di questa fase della vita dipende da un corretto e significativo rapporto con il quotidiano, ma anche di relazioni autentiche, di saper condividere le proprie esperienze, di prendersi cura del proprio corpo.

Fondamentale è la rinnovata relazione con il Signore Gesù scoprendo nuovi “sapori” della preghiera e della relazione con Lui. Manteniamo il nostro sguardo verso l’Alto!

Carême 2024 au désert de notre cœur

Pubblicato il: domenica 25 Febbraio 2024

Le temps du carême est un moment capital qui rappelle tous les membres du corps du christ les 40 ans du peuple d’Israël au désert (Ex 8,2), les 40 jours (Mt 4,1-11) que le seigneur a passé au désert. Ainsi le carême chrétien est un temps fort de prière, de partage, de conversion continue. C’est également un temps ouvert à la réception des grâces divines à travers diverses exercices spirituels tel que les recollections, les pèlerinages, le chemin de croix. Aussi cette période marque les scrutins des candidats au baptême précéder par l’appel décisif.

Convertissez-vous et croyez à l’évangile (Mc1,15), telles sont ces paroles qui introduisent ce temps bénit du carême par l’imposition des cendres sur nos fronts démontrant notre fragilité. Chers frères et sœurs, il y a de cela des siècles et des siècles que l’Église nous soumet à cet entrainement spirituel nous invitant à fournir des efforts afin de faire ce cœur à cœur avec notre rédempteur le Christ, de rentrer dans son intimité et de gouter à ses délices.  En outre, durant cette période de grâce tous enfants, jeunes et vieillards, sommes invités à un dépouillement total de notre vieil homme caractérisé par le péché et de nous appliquer au combat spirituel contre le diable et ses dépôts. Ainsi les différents pèlerinages : des enfants des jeunes et des adultes en sont les signes visibles. En fait, la Conférence des Évêques Catholique de Côte d’Ivoire dans leur plan pastoral ont bien voulu exploités ce temps du carême au réveil spirituel de tous les fidèles sans exception. C’est ainsi que dans l’Archidiocèse d’Abidjan le pèlerinage des enfants en cette année s’est déroulé autour du thème suivant «Enfant, pour une Eglise Synodale, prenons notre part de responsabilité» en ce deuxième dimanche du carême selon l’organisation interne des paroisses et des Doyennés. Les enfants du Doyenné Mgrs René Kouassi dont nous sommes membres et ceux du doyenné père Fulgence Anoman se sont réunis à Palm Afrique, sur la route d’ELOKA pour vivre ce désert avec leur ami fidèle JESUS. Lors de ce grand rassemblement nous, animateurs et animatrices, il nous a été demandé d’apprendre aux enfants en quoi est ce que notre prise responsabilité impacte l’Eglise positivement. En clair, ce pèlerinage des enfants est vécu dans la joie, dans  les animations diverses, dans la célébration Eucharistique et le partage du repas que chaque pèlerin a envoyé de chez lui.   Le grand cri du cœur était de vivre la charité, la pénitence, la prière, ainsi que la conversion de notre être.

 Bien aimé(es) en Christ et en humanité « c’est dans le désert de notre cœur que nous trouverons Dieu » disait un des premier moine d’Egypte. Ce moment favorable du carême nous apprend à sortir de nous-même, de notre propre confort à la rencontre du Christ qui se révèle en la personne du pauvre, des malades, des abandonnés, des sans-abris, des orphelins, des enfants de la rue. Partageons la bonne nouvelle du salut dans la fraternité, la convivialité en étant solidaire à tous ses hommes et femmes de notre monde qui sont meurtris par de multiples soucis.
Puisse le seigneur augmenté en nous la foi, l’espérance et la charité, que la Vierge notre mère et St Joseph protecteur de l’église soutiennent nos efforts de conversion.

Bonne suite du carême et surtout bonne montée vers pâques.

Attraverso il deserto Dio ci guida alla libertà: Quaresima 2024

Pubblicato il: martedì 20 Febbraio 2024

Carissimi lettori, proponiamo alla vostra lettura e riflessione il messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2024. Nel messaggio, il Papa ci guida attraverso il deserto spirituale, invitandoci a riflettere sulla libertà che Dio offre al suo popolo. Con parole di speranza e saggezza, ci esorta a rinnovare il nostro impegno per la giustizia sociale e l’amore fraterno durante questo periodo di digiuno spirituale e conversione. Che questo messaggio sia per tutti noi un’ispirazione nel nostro cammino di fede.

Attraverso il deserto Dio ci guida alla libertà

Cari fratelli e sorelle!

Quando il nostro Dio si rivela, comunica libertà: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (Es 20,2). Così si apre il Decalogo dato a Mosè sul monte Sinai. Il popolo sa bene di quale esodo Dio parli: l’esperienza della schiavitù è ancora impressa nella sua carne. Riceve le dieci parole nel deserto come via di libertà. Noi li chiamiamo “comandamenti”, accentuando la forza d’amore con cui Dio educa il suo popolo. È infatti una chiamata vigorosa, quella alla libertà. Non si esaurisce in un singolo evento, perché matura in un cammino. Come Israele nel deserto ha ancora l’Egitto dentro di sé – infatti spesso rimpiange il passato e mormora contro il cielo e contro Mosè –, così anche oggi il popolo di Dio porta in sé dei legami oppressivi che deve scegliere di abbandonare. Ce ne accorgiamo quando ci manca la speranza e vaghiamo nella vita come in una landa desolata, senza una terra promessa verso cui tendere insieme. La Quaresima è il tempo di grazia in cui il deserto torna a essere – come annuncia il profeta Osea – il luogo del primo amore (cfr Os 2,16-17). Dio educa il suo popolo, perché esca dalle sue schiavitù e sperimenti il passaggio dalla morte alla vita. Come uno sposo ci attira nuovamente a sé e sussurra parole d’amore al nostro cuore.

L’esodo dalla schiavitù alla libertà non è un cammino astratto. Affinché concreta sia anche la nostra Quaresima, il primo passo è voler vedere la realtà. Quando nel roveto ardente il Signore attirò Mosè e gli parlò, subito si rivelò come un Dio che vede e soprattutto ascolta: «Ho osservato la miseria del mio popolo in Egitto e ho udito il suo grido a causa dei suoi sovrintendenti: conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dal potere dell’Egitto e per farlo salire da questa terra verso una terra bella e spaziosa, verso una terra dove scorrono latte e miele» (Es 3,7-8). Anche oggi il grido di tanti fratelli e sorelle oppressi arriva al cielo. Chiediamoci: arriva anche a noi? Ci scuote? Ci commuove? Molti fattori ci allontanano gli uni dagli altri, negando la fraternità che originariamente ci lega.

Nel mio viaggio a Lampedusa, alla globalizzazione dell’indifferenza ho opposto due domande, che si fanno sempre più attuali: «Dove sei?» (Gen 3,9) e «Dov’è tuo fratello?» (Gen 4,9). Il cammino quaresimale sarà concreto se, riascoltandole, confesseremo che ancora oggi siamo sotto il dominio del Faraone. È un dominio che ci rende esausti e insensibili. È un modello di crescita che ci divide e ci ruba il futuro. La terra, l’aria e l’acqua ne sono inquinate, ma anche le anime ne vengono contaminate. Infatti, sebbene col battesimo la nostra liberazione sia iniziata, rimane in noi una inspiegabile nostalgia della schiavitù. È come un’attrazione verso la sicurezza delle cose già viste, a discapito della libertà.

Vorrei indicarvi, nel racconto dell’Esodo, un particolare di non poco conto: è Dio a vedere, a commuoversi e a liberare, non è Israele a chiederlo. Il Faraone, infatti, spegne anche i sogni, ruba il cielo, fa sembrare immodificabile un mondo in cui la dignità è calpestata e i legami autentici sono negati. Riesce, cioè, a legare a sé. Chiediamoci: desidero un mondo nuovo? Sono disposto a uscire dai compromessi col vecchio? La testimonianza di molti fratelli vescovi e di un gran numero di operatori di pace e di giustizia mi convince sempre più che a dover essere denunciato è un deficit di speranza. Si tratta di un impedimento a sognare, di un grido muto che giunge fino al cielo e commuove il cuore di Dio. Somiglia a quella nostalgia della schiavitù che paralizza Israele nel deserto, impedendogli di avanzare. L’esodo può interrompersi: non si spiegherebbe altrimenti come mai un’umanità giunta alla soglia della fraternità universale e a livelli di sviluppo scientifico, tecnico, culturale, giuridico in grado di garantire a tutti la dignità brancoli nel buio delle diseguaglianze e dei conflitti.

Dio non si è stancato di noi. Accogliamo la Quaresima come il tempo forte in cui la sua Parola ci viene nuovamente rivolta: «Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile» (Es 20,2). È tempo di conversione, tempo di libertà. Gesù stesso, come ricordiamo ogni anno la prima domenica di Quaresima, è stato spinto dallo Spirito nel deserto per essere provato nella libertà. Per quaranta giorni Egli sarà davanti a noi e con noi: è il Figlio incarnato. A differenza del Faraone, Dio non vuole sudditi, ma figli. Il deserto è lo spazio in cui la nostra libertà può maturare in una personale decisione di non ricadere schiava. Nella Quaresima troviamo nuovi criteri di giudizio e una comunità con cui inoltrarci su una strada mai percorsa.

Questo comporta una lotta: ce lo raccontano chiaramente il libro dell’Esodo e le tentazioni di Gesù nel deserto. Alla voce di Dio, che dice: «Tu sei il Figlio mio, l’amato» (Mc 1,11) e «Non avrai altri dèi di fronte a me» (Es 20,3), si oppongono infatti le menzogne del nemico. Più temibili del Faraone sono gli idoli: potremmo considerarli come la sua voce in noi. Potere tutto, essere riconosciuti da tutti, avere la meglio su tutti: ogni essere umano avverte la seduzione di questa menzogna dentro di sé. È una vecchia strada. Possiamo attaccarci così al denaro, a certi progetti, idee, obiettivi, alla nostra posizione, a una tradizione, persino ad alcune persone. Invece di muoverci, ci paralizzeranno. Invece di farci incontrare, ci contrapporranno. Esiste però una nuova umanità, il popolo dei piccoli e degli umili che non hanno ceduto al fascino della menzogna. Mentre gli idoli rendono muti, ciechi, sordi, immobili quelli che li servono (cfr Sal 114,4), i poveri di spirito sono subito aperti e pronti: una silenziosa forza di bene che cura e sostiene il mondo.

È tempo di agire, e in Quaresima agire è anche fermarsi. Fermarsi in preghiera, per accogliere la Parola di Dio, e fermarsi come il Samaritano, in presenza del fratello ferito. L’amore di Dio e del prossimo è un unico amore. Non avere altri dèi è fermarsi alla presenza di Dio, presso la carne del prossimo. Per questo preghiera, elemosina e digiuno non sono tre esercizi indipendenti, ma un unico movimento di apertura, di svuotamento: fuori gli idoli che ci appesantiscono, via gli attaccamenti che ci imprigionano. Allora il cuore atrofizzato e isolato si risveglierà. Rallentare e sostare, dunque. La dimensione contemplativa della vita, che la Quaresima ci farà così ritrovare, mobiliterà nuove energie. Alla presenza di Dio diventiamo sorelle e fratelli, sentiamo gli altri con intensità nuova: invece di minacce e di nemici troviamo compagne e compagni di viaggio. È questo il sogno di Dio, la terra promessa verso cui tendiamo, quando usciamo dalla schiavitù.

La forma sinodale della Chiesa, che in questi anni stiamo riscoprendo e coltivando, suggerisce che la Quaresima sia anche tempo di decisioni comunitarie, di piccole e grandi scelte controcorrente, capaci di modificare la quotidianità delle persone e la vita di un quartiere: le abitudini negli acquisti, la cura del creato, l’inclusione di chi non è visto o è disprezzato. Invito ogni comunità cristiana a fare questo: offrire ai propri fedeli momenti in cui ripensare gli stili di vita; darsi il tempo per verificare la propria presenza nel territorio e il contributo a renderlo migliore. Guai se la penitenza cristiana fosse come quella che rattristava Gesù. Egli dice anche a noi: «Non diventate malinconici come gli ipocriti, che assumono un’aria disfatta per far vedere agli altri che digiunano» (Mt 6,16). Si veda piuttosto la gioia sui volti, si senta il profumo della libertà, si sprigioni quell’amore che fa nuove tutte le cose, cominciando dalle più piccole e vicine. In ogni comunità cristiana questo può avvenire.

Nella misura in cui questa Quaresima sarà di conversione, allora, l’umanità smarrita avvertirà un sussulto di creatività: il balenare di una nuova speranza. Vorrei dirvi, come ai giovani che ho incontrato a Lisbona la scorsa estate: «Cercate e rischiate, cercate e rischiate. In questo frangente storico le sfide sono enormi, gemiti dolorosi. Stiamo vedendo una terza guerra mondiale a pezzi. Ma abbracciamo il rischio di pensare che non siamo in un’agonia, bensì in un parto; non alla fine, ma all’inizio di un grande spettacolo. Ci vuole coraggio per pensare questo» (Discorso agli universitari, 3 agosto 2023). È il coraggio della conversione, dell’uscita dalla schiavitù. La fede e la carità tengono per mano questa bambina speranza. Le insegnano a camminare e, nello stesso tempo, lei le tira in avanti.

Benedico tutti voi e il vostro cammino quaresimale.

FRANCESCO

Calvary can become sweet if we climb it together with Jesus

Pubblicato il: sabato 17 Febbraio 2024

Just a few days ago, we commenced Lent, a favorable and graceful time. As Saint Paul exhorted us, let us not allow this time of grace to pass in vain, for now is the day of salvation (2 Corinthians 6:2).

Today, we commemorate 102 years since the birth of the Servant of God, Mother Carla Borgheri. She provided each of us with a model of life following Christ, even in suffering. Emphasizing the importance of interior life and intimacy with Jesus, Mother Carla exemplified facing suffering and carrying the crosses of everyday life with Jesus. Mother Carla wrote: “Let us commit ourselves and make the aim of our life to follow Jesus, even when our hearts are filled with bitterness as His was in the Garden of Olives”.

Mother Carla called us to live out our commitment in concrete actions, not merely in empty words in daily life. While we all have existing plans for studies, work, personal commitments, and community projects, we also aspire to live more intimately with Jesus during this season of Lent. What must we do, for the love of Jesus? It’s not always about grand gestures like giving alms or fasting. Rather, it’s about something simpler. If we do it with love for Jesus, it becomes significant in the eyes of God and helps our brothers and sisters around us. As Mother Carla said: “Sometimes it doesn’t take much to lift those who are suffering – a smile, a kind word, a small act that expresses the love within us, the willingness to forget ourselves and become small so that others can grow and become strong”.

What we can do may seem small, but with Jesus, we are never alone. He is always there to help us. So, let each of us take up our baggage and begin our journey to Calvary, knowing that with Jesus by our side, the burden becomes lighter and the path becomes sweeter.

Madre Carla Borgheri: un faro di luce

Pubblicato il: venerdì 16 Febbraio 2024

Il 17 febbraio del 1922 segna un evento speciale, nasce Madre Carla Borgheri!

La sua vita e le sue parole continuano a risplendere come un faro luminoso nel mare delle nostre esistenze. Con la sua saggezza e ispirazione ha lasciato un’impronta profonda nei nostri cuori e nelle nostre menti.

Madre Carla ci invita a considerare “ogni essere come una scala che conduce a Dio”. Questa visione ci spinge a riconoscere la sacralità di ogni vita, a comprendere che ognuno di noi è un tassello prezioso nel meraviglioso disegno dell’Amore divino. Ci esorta a purificare l’anima, a sgombrarla da tutto ciò che ostacola la percezione della presenza divina in noi. Come il sole non può penetrare attraverso un vetro incrostato, malgrado la sua trasparenza, così dobbiamo eliminare gli ostacoli che impediscono alla luce di Dio di penetrare ed illuminare le nostre vite.

In questo giorno speciale, mentre ricordiamo la sua nascita, riflettiamo sul suo messaggio e seguiamo il suo esempio di vita dedicata all’amore verso Dio e i fratelli.

La candelora: riconoscere la luce Divina nella vita quotidiana

Pubblicato il: venerdì 2 Febbraio 2024

“Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”       Luca 2, 29-32

Voglio iniziare questa mia breve riflessione sulla festa della Candelora, proprio con queste parole del Vangelo di Luca, perché racchiudono l’essenza più vera e più profonda di tale ricorrenza. La Candelora cade il 2 febbraio, 40 giorni dopo il Natale di nostro Signore. È la festa liturgica della Presentazione di Gesù al tempio: infatti, compiuti i giorni della purificazione, come vuole la legge di Mosè, Giuseppe e Maria si recano a Gerusalemme per adempiere tale rito. Ed è qui che compare il vecchio Simeone, uomo timorato di Dio, a cui era stato predetto che non sarebbe morto, prima di vedere il Messia. La fede di Simeone è grande: anche se i suoi occhi sono vecchi e stanchi, ora vede, ora stringe tra le sue braccia il Figlio di Dio, lo riconosce. “Nunc dimittis”, queste le sue parole: ora può anche morire, perché la Luce è venuta nel mondo.

Bellissima questa preghiera di ringraziamento di Simeone: ha aspettato un’intera vita, ha creduto, ha avuto Fede, si è lasciato guidare dalla potenza dello Spirito Santo… ha riconosciuto in un Bambino appena nato il Messia. Ed è questa la grandezza, la profondità e l’attualità del vecchio Simeone: quanti di noi oggi riconoscono nella propria vita Gesù Cristo come luce, come salvezza, come consolazione e come speranza? Molto spesso viviamo senza Dio, non lo cerchiamo, o se lo pensiamo lo releghiamo all’ultimo posto in una scala di valori materialistici, rincorrendo un’effimera e vana felicità. Tutto questo in un mondo secolarizzato, profondamente scristianizzato e i fatti della Storia, a cui assistiamo ogni giorno, ne sono la prova conclamata. Avere la Fede di Simeone, oggi, significa non lasciare passare il Signore invano, significa stare alla porta del tempio, che è la nostra vita, riconoscerlo ed accoglierlo come l’unica e vera Luce che può rischiarare l’oscurità e le tenebre della nostra anima.

Simeone il vecchio, Simeone il giusto, Simeone l’uomo timorato di Dio: sempre il suo esempio e le sue parole hanno illuminato la mia esistenza. Non a caso, uno dei miei figli porta questo nome: ogni giorno prego perché anche lui possa avere Occhi e soprattutto Cuore, per riconoscere il Signore che passa.

Allora il 2 febbraio, festa della Candelora, vado in chiesa per assistere alla benedizione delle candele e chiedo a Gesù Cristo di illuminare sempre la mia vita, la vita dei miei figli e quella di tutte le persone che mi sono care. Riconoscere ed incontrare Dio: questo per me è il senso della Candelora, il suo significato più profondo.

Rita Razza

Closing the Rogatory Inquiry: Unveiling the Profound Spiritual Journey of Mother Carla

Pubblicato il: giovedì 25 Gennaio 2024

I would like to commence by echoing the words of Mother Carla: “If we pause for a moment to meditate on the mystery of the Incarnation of the Word, we can only remain speechless and silent before the greatness of the Trinity” (Frascati, July 14, 2003).

Dear members of the Tribunal, dear Father Shiju Cleetus, dear Sister Carmela, dear Sisters and Friends, as we come together today to celebrate the conclusion of the rogatory inquiry in the cause for the beatification of Mother Carla Borgheri, let us not forget the profound humand and spiritual context in which her life unfolded.

Mother Carla Borgheri’s journey was not only marked by a profound commitment to the good of humanity but was deeply rooted in her devotion to the Holy Trinity. Just as she meditated on the mystery of the Incarnation, we too are reminded of the role of the Virgin Mary, who, with humility and faith, became the vessel through which the Word became flesh. In honoring Mother Carla, we also pay homage to the sacred feminine and the strength derived from Mary’s example.

Her resolute dedication to alleviating suffering and promoting love and kindness finds resonance in the teachings of Saint Joseph, the earthly father of Jesus. Like Saint Joseph, Mother Carla embraced a life of detachment and unwavering trust in Jesus, embodying the virtues of humility and selfless service.

Born with a heart full of compassion and a mind guided by the Holy Spirit, Mother Carla’s journey draws parallels with the lives of Mary and Joseph. She worked diligently to uplift the marginalized, offering comfort to the oppressed, and advocating for those forgotten by society.

Throughout the beatification process, we have delved into the stories of Mother Carla’s life, discovering the countless instances in which her love and kindness were the guiding light for those in need. Her selfless acts, whether caring for the sick or comforting the afflicted, have left an unforgettable mark on the pages of our common humanity.

Mother Carla’s journey challenges us to look at our own lives and consider how we, too, can contribute to the betterment of the world around us, drawing inspiration from the humility of Mary and the steadfast trust of Saint Joseph.

In celebrating Mother Carla Borgheri today, we are not merely honoring a historical figure but embracing a timeless example of love and compassion. May her beatification serve as a call to action for all of us, inspiring a renewed commitment to service, empathy, and the desire for a more just and compassionate world.

Thank you, and may the spirit of Mother Carla, guided by the love of the Holy Trinity, continue to inspire and guide us all.

Waldery Hilgeman