Pellegrini con un salvacondotto: la Speranza che non confonde
Prime ore del mattino. Stazione Barberini linea A della metropolitana. Alcuni operai stanno raggiungendo il loro posto di lavoro ancora un po’ assonnati. Indossano scarpe antinfortunistiche e tute ripulite, ma evidentemente consumate dalle loro fatiche. Sulla lunga scala mobile si confondono tra dipendenti pubblici, uomini in divisa, badanti, un paio di funzionari in giacca e cravatta e alcuni studenti.
I pellegrini, invece, si muoveranno prevalentemente in gruppi. Arriveranno equipaggiati di catechesi, momenti di preghiera organizzati prima o durante il viaggio. Vestiranno cappellini e zainetti colorati. Si muoveranno per età (giubileo dei bambini, delle famiglie, dei giovani…) o per categorie (lavoratori, sportivi, scuola e università…). Gli uni e gli altri attraverseranno Roma e le sue piazze, con obiettivi chiaramente diversi, ma forse del tutto ignari che l’Anno Santo, ogni Giubileo, lascia inevitabilmente segni indelebili del suo passaggio. Come l’insospettabile Fontana di Trevi, a pochi passi da stazione Barberini. La più fotografata, in ogni stagione dell’anno, fin dalle prime luci dell’alba. Affascina con i suoi giochi d’acqua e le sue statue colossali. Eppure quasi tutti ignorano che è frutto della premura dei Papi per gli abitanti di Roma e per i pellegrini provenienti da ogni dove. Occorre garantire acqua potabile, consolidare gli acquedotti, bonificare territori malsani, attrezzare spazi di accoglienza. Il Giubileo, di ieri e di oggi, è senza dubbio opportunità per sensibilizzare le coscienze e per prendere atto della stagione ecclesiale e civile che si sta attraversando e di conseguenza intraprendere decisivi provvedimenti sul piano sociale, pastorale, teologico e dottrinale, e tuttavia, quando si parla di Anni Santi, non possono mancare riferimenti alle implicazioni sociali ed economiche del piano urbanistico della Città eterna. Roma è da mesi un cantiere a cielo aperto. Si va dal lavoro di restauro delle principali meraviglie artistiche come il Baldacchino del Bernini e la Pietà di Michelangelo in san Pietro – che oggi avvolti nel telo schermante dei ponteggi fanno rimanere delusi i turisti – alla riqualificazione di snodi importanti della viabilità, del trasporto pubblico e di aree pedonali. Piazza San Giovanni con la sua vocazione spirituale e popolare e l’area di piazza Pia che collega Castel Sant’Angelo a San Pietro, per citare due delle principali opere in corso, saranno (speriamo) significativi centri di aggregazione riqualificati.
Il pellegrinaggio ad Petri sedem raccoglieva un’istanza che veniva dal popolo. Evidentemente i pellegrinaggi non nascevano con il Giubileo indetto da Bonifacio VIII nel 1300. Roma è Città Santa prima del Giubileo! Girolamo, la domenica con gli amici andava in giro per le tombe dei martiri. Una forma di venerazione antica, nella quale si colloca con forza la centralità petrina, senza tralasciare tuttavia gli innumerevoli martiri che hanno lavato con il loro sangue la sacralità di Roma. Fin dalle catacombe si desiderava la loro compagnia, come scrive il grande papa Damaso nella cripta dei papi a S. Callisto: «Se lo cerchi, sappi che qui riposa, unita, una schiera di Beati. I sepolcri venerandi conservano i corpi dei santi, ma la reggia del cielo ha rapito per sé le anime elette – e aggiungeva – anch’io qui avrei voluto essere sepolto, ma ebbi timore di disturbare le ceneri sante dei Beati».
Nel 2025, forse, occorre avere timore non di disturbare le ceneri dei beati, ma di non disturbarle affatto. Di ridurre cioè la sacralità del Giubileo alla straordinarietà di un evento, anzi, di una serie di eventi. Di restare affascinati dall’apertura di una o più Porte Sante, senza ricordare che il Risorto, da sempre, ha la capacità di entrare «a porte chiuse» (e di stare) nella paura dei discepoli, per augurare la pace a fraternità insidiate.
Ieri come oggi, i pellegrini giungono a Roma dai luoghi della non-pace. Per Amore e per Fede attraversano luoghi di conflitti personali e sociali. Occorre consegnare loro un salvacondotto: la Speranza che non confonde e che fa cogliere nel tempo la presenza viva dell’Eterno.
don Michele Martinelli
Assistente Nazionale
Settore Giovani Azione Cattolica Italia